- Casale del Giglio Satrico
Casale del Giglio Satrico vino dal colore giallo paglierino, molto luminoso; al naso è di notevole intensità e persistenza, leggermente aromatico, agrumato e minerale; al gusto è secco, elegante e con buona rispondenza gusto-olfattiva, di buona mineralità, sapido, lungo nella chiusura. Casale del Giglio Satrico si abbina con gli antipasti ed i piatti di pesce al vapore, sushi.
Casale del Giglio Satrico prende il nome dall’antica città di “Satricum”. Le più antiche tracce di capanne risalgono al IX Sec. a.C. ed erano organizzate in forma di villaggio con luogo di culto al centro.
Tale insediamento, situato sull’altura prossima al fiume Astura, più tardi sarebbe diventato l’Acropoli della città, luogo in cui avrebbe visto la sua collocazione il tempio della divinità Mater Matuta di cui, ancora oggi, sono visibili le vestigia, in prossimità dell’attuale Borgo Le Ferriere (LT).
Uvaggio e vinificazione: 40% Chardonnay, 40% Sauvignon e 20% Trebbiano Giallo.
Le uve vengono raccolte ad iniziale stato di maturazione, così da mantenerne inalterati freschezza ed aromi. Dopo attenta selezione, le uve vengono sottoposte a spremitura soffice, con la separazione del mosto fiore dalle bucce.
La fermentazione, lenta ma continua, avviene a temperatura controllata e si protrae per circa 7-8 giorni.
Dopo i consueti travasi il nuovo vino completa il suo processo di maturazione in vasca e viene imbottigliato ad inizio anno.
Azienda:
«Per Antonio Santarelli Casale del Giglio era la tenuta di famiglia dove da bambino trascorreva i fine settimana e tentava poi le prime corse in motorino.
Ma, quando a venticinque anni inizia a collaborare in azienda con il padre Dino, avverte come quei terreni bonificati dell’Agro Pontino siano un’area vergine su cui poter tentare tutto il Nuovo possibile.
L’assenza di passato enologico diviene così lo stimolo determinante verso il massimo grado di libertà innovativa.
Chiama accanto a sé ampelografi e ricercatori universitari e nel 1985, con il padre Dino, dà vita a un progetto che pone a dimora sui suoi terreni quasi 60 diversi vitigni sperimentali.
Un’avventura complessa e rischiosa, mai tentata con questa scientificità, di cui diviene interprete l’enologo dell’azienda Paolo Tiefenthaler.
Avventura che ripaga però l’audacia con i primi importanti risultati sulle uve rosse Syrah e Petit Verdot e bianche come Sauvignon, Viognier e Petit Manseng, che danno vita a diverse etichette da monovitigno oppure da assemblaggio, sempre dall’interessante rapporto qualità-prezzo.
Il prodotto di punta è il Mater Matuta (Syrah più pennellata di Petit Verdot), vino di razza, fiero, concentrato, dal profumo carnoso e austero, dal colore rubino cupo e con profumi di frutti neri di bosco su complessa speziatura.
Sorprende l’Aphrodisium, un bianco dolce da uve raccolte tardivamente (Petit Manseng, Viognier, Greco e Fiano), di elegantissima bellezza.»*
Tratto dalla Guida Ristoranti di Roma de “LA REPUBBLICA” a cura di Luciano Di Lello
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